Madre Isabella de Rosis, ricevuto il tanto atteso Decretum Laudis, inviterà le suore che hanno emesso i voti semplici, da oltre cinque anni, a prepararsi per celebrare i voti perpetui. Un legarsi definitivamente a Dio attraverso il voto di castità, obbedienza e povertà. Tre voti considerati, tra i diversi consigli evangelici, come i tre elementi principali della vita religiosa nella Chiesa. Tre pilastri fondamentali ripresi successivamente da Papa Paolo VI nella Evancelica Testificatio 1 il 29 giugno 1971, nella solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo:
Cari figli e figlie, con una libera risposta all’appello dello Spirito santo, voi avete deciso di seguire il Cristo, consacrandovi totalmente a lui. I consigli evangelici di castità votata a Dio, di povertà e di obbedienza sono ormai la legge della vostra esistenza. Ora, il concilio 2 ce lo ricorda, “l’autorità della chiesa, sotto la guida dello Spirito santo, si è data cura di interpretarli, di regolarne la pratica ed anche di istituire, in base ad essi, forme stabili di vita “. Così essa riconosce e rende autentico lo stato di vita, costituito dalla professione dei consigli evangelici: “Mediante i voti o altri vincoli sacri, assimilati secondo la loro propria indole ai voti con i quali il cristiano si obbliga all’osservanza di questi tre consigli, egli dona totalmente a Dio, amato al di sopra di ogni cosa… Col battesimo egli è morto al peccato e consacrato a Dio; ma per poter raccogliere più copiosi frutti della grazia battesimale, con la professione dei consigli evangelici nella chiesa intende liberarsi dagli impedimenti, che potrebbero distoglierlo dal fervore della carità e dalla perfezione del culto divino, e si consacra più intimamente al servizio di Dio. Tale consacrazione poi sarà tanto più perfetta, quanto più solidi e stabili sono i vincoli, con i quali è rappresentato il Cristo indissolubilmente unito alla chiesa, sua sposa”.
Questo insegnamento del concilio mette bene in luce la grandezza di questo dono, da voi stessi liberamente deciso, ad immagine di quello fatto dal Cristo alla sua chiesa e, come quello, totale ed irreversibile. Proprio in vista del regno dei cieli, voi avete votato al Cristo, con generosità e senza riserva, queste forze di amore, questo bisogno di possedere e questa libertà di regolare la propria vita, cose che sono per l’uomo tanto preziose. Tale è la vostra consacrazione, che si compie nella chiesa e mediante il suo ministero sia quello dei suoi rappresentanti, i quali ricevono la professione religiosa, sia quello della comunità cristiana, il cui amore riconosce, accoglie, porta e circonda coloro che in seno ad essa si donano, come un segno vivente ” che può e deve attirare efficacemente tutte le membra della chiesa a compiere con slancio i doveri della vocazione cristiana… rendendo così manifesti a tutti i credenti i beni celesti, già presenti in questo mondo”.
Madre Isabella è consapevole che le singole suore costituenti la Congregazione da lei fondata debbano fare voto di povertà, obbedienza e castità perché è l’unica via attraverso la quale ci si stacca dalle cose del mondo e ci si consacra definitivamente a Dio. Non dimentichiamo che nei sui scritti parole come amore per il Signore, piacere solo a Dio, vittima d’amore, innamorata di Gesù crocifisso sono legate tra loro dall’esercizio delle virtù, la preghiera, la consacrazione e la riparazione. Nei pensieri ed esortazioni Madre Isabella afferma con convinzione che chi entra nella Congregazione deve seguire Gesù Cristo, deve abbandonare suo padre, sua madre, i suoi fratelli, le sue sorelle e tutto ciò che la lega al mondo terreno. La vita di Isabella è un continuo richiamo al Salmo 44:
Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio,
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre.
al re piacerà la tua bellezza.
Egli è il tuo Signore: pròstrati a lui.
Per Isabella il distacco è tutto e questo amore così profondo verso Dio lo dimostrerà sia nel modo di pregare che nella Santa Comunione.
È pure a conoscenza del significato della costituzione Conditae a Christo (8 dicembre 1900), che richiede che anche agli istituti di voti semplici venga estesa la categoria di istituto religioso.
Ecclesiae ea vis divinitus inest ac fecunditas, ut multas anteactis temporibus, plurimas aetate hac elabente utriusque sexus tamquam familias ediderit, quae, sacro votorum simplicium suscepto vinculo, sese variis religionis et misericordiae operibus sancte devovere contendunt. Quae quidem pleraeque, urgente caritate Christi, singularis civitatis vel dioecesis praetergressae angustias, adeptaeque, unius eiusdemque vi legis communisque regiminis, perfectae quamdam consociationis speciem, latius in dies proferuntur. — Duplex porro earumdem est ratio: aliae, quae Episcoporum solummodo approbationem nactae, ob eam rem dioecesanae appellantur; aliae vero de quibus praeterea romani Pontificis sententia intercessit, seu quod ipsarum leges ac statuta recognoverit, seu quod insuper commendationem ipsis approbationemve impertiverit.
I voti di povertà, castità e obbedienza sono stati sempre considerati come l’elemento fondamentale della vita religiosa nella Chiesa. Lo stesso Concilio Vaticano II ribadirà: “Tutti coloro che sono chiamati da Dio alla pratica dei consigli evangelici e ne fanno professione fedelmente, si consacrano in modo speciale al Signore, seguendo Cristo che, Vergine e povero, redense e santificò gli uomini con la sua ubbidienza spinta fino alla morte sulla Croce”.
Il Concilio Vaticano II ribadirà che «con i voti o altri impegni sacri simili ai voti secondo il modo loro proprio, il fedele si obbliga all’osservanza dei tre predetti consigli evangelici» (LG 44)3.
Tutto questo è già presente nella vita di Isabella e nella diffusione della sua spiritualità. Il Quaerere Deum è uno dei più importanti elementi caratterizzante la vita stessa della nostra Fondatrice. Non può esserci suora, religiosa se non c’è la ricerca continua di Dio. Una ricerca centrata sulla preghiera, sull’amore per la comunità e il prossimo, una scelta libera di abbracciare la croce come fece Gesù per primo. Isabella chiede incessantemente fede, speranza e amore; chiede soprattutto di essere ammessa nel cuore di Gesù.
Degnatevi di operare in me da per Voi stesso e di regolare a gloria vostra le mie intenzioni, i miei affetti, le parole, le opere mie.
In queste parole vi è il chiaro desiderio di annullare la natura in se stessa e nei suoi diritti. Una continua ricerca dell’umiltà più profonda sublimata nella carità più ardente. È la gloria di Dio e il bene di tutti il suo Quaerere Deum: conoscere e fare la volontà di Dio, portare, dietro a Cristo, la propria croce fin sul Calvario”.
Lo stesso concetto, vissuto pienamente da Isabella, sarà ripreso molti decenni dopo da Benedetto XVI a Parigi in quella che oggi viene riconosciuta come una delle più importanti dissertazioni rivolte al mondo della cultura 4. Un discorso profondo dove si comprende chiaramente il desiderio di evidenziare l’esemplarità della vita religiosa stessa. Un apprezzamento che, precedentemente, lo stesso Concilio Vaticano II aveva ribadito sia attraverso la Lumen Gentium che nel decreto sull’attività missionaria della Chiesa Ad Gentes.
I religiosi pongano ogni cura, affinché per loro mezzo la Chiesa abbia ogni giorno meglio da presentare Cristo ai fedeli e agli infedeli: sia nella sua contemplazione sul monte, sia nel suo annuncio del regno di Dio alle turbe, sia quando risana i malati e gli infermi e converte a miglior vita i peccatori, sia quando benedice i fanciulli e fa del bene a tutti, sempre obbediente alla volontà del Padre che lo ha mandato.
Tutti infine abbiano ben chiaro che la professione dei consigli evangelici, quantunque comporti la rinunzia di beni certamente molto apprezzabili, non si oppone al vero progresso della persona umana, ma al contrario per sua natura le è di grandissimo profitto. Infatti i consigli, volontariamente abbracciati secondo la personale vocazione di ognuno, contribuiscono considerevolmente alla purificazione del cuore e alla libertà spirituale, stimolano in permanenza il fervore della carità e soprattutto come è comprovato dall’esempio di tanti santi fondatori, sono capaci di assicurare al cristiano una conformità più grande col genere di vita verginale e povera che Cristo Signore si scelse per sé e che la vergine Madre sua abbracciò. Né pensi alcuno che i religiosi con la loro consacrazione diventino estranei agli uomini o inutili nella città terrestre. Poiché, se anche talora non sono direttamente presenti a fianco dei loro contemporanei, li tengono tuttavia presenti in modo più profondo con la tenerezza di Cristo, e con essi collaborano spiritualmente, affinché la edificazione della città terrena sia sempre fondata nel Signore, e a lui diretta, né avvenga che lavorino invano quelli che la stanno edificando. 5
Cristo Gesù fu inviato nel mondo quale autentico mediatore tra Dio e gli uomini. Poiché è Dio, in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità (Col 2,9); nella natura umana, invece, egli è il nuovo Adamo, è riempito di grazia e di verità (cfr. Gv 1,14) ed è costituito capo dell’umanità nuova. Pertanto il Figlio di Dio ha percorso la via di una reale incarnazione per rendere gli uomini partecipi della natura divina; per noi egli si è fatto povero, pur essendo ricco, per arricchire noi con la sua povertà. Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita in riscatto dei molti, cioè di tutti. 6
Isabella donandosi completamente a Dio non farà altro che chiarire in profondità l’essenza stessa della vita consacrata, una vita che si realizza passando attraverso i voti di castità povertà e obbedienza. Una continua ricerca di perfezione che non è l’esaltazione del proprio “Io”, ma l’abbandonarsi totalmente nelle mani di Dio. Il ruolo di Isabella e di ogni altro fondatore non è solo quello di isolarsi dal mondo, abbracciare la propria croce. Non è una semplice chiamata personale ma il coraggio di mostrare il volto genuino del Cristo ( LG 46; AG 38), quella decisione “libera” di lasciarsi plasmare da Dio per poi diventare lei stessa plasmatrice di anime nella realtà in cui si è chiamati a vivere il dono della consacrazione. La vita consacrata nasce dall’amore di Dio, quale “prezioso dono della grazia divina fatto dal Padre ad alcuni” (LG n. 42c)
Tra essi eccelle il prezioso dono della grazia divina, dato dal Padre ad alcuni (cfr. Mt 19,11; 1 Cor 7,7), di consacrarsi, più facilmente e senza divisione del cuore (cfr. 1 Cor 7,7), a Dio solo nella verginità o nel celibato. Questa perfetta continenza per il regno dei cieli è sempre stata tenuta in singolare onore dalla Chiesa, quale segno e stimolo della carità e speciale sorgente di fecondità spirituale nel mondo. 7.
Un dono che mette in relazione profonda la Trinità. Isabella nel ricevere questo “prezioso dono” mostra al mondo intero, con la sua stessa vita, la relazione trinitaria fra Padre, Figlio e Spirito Santo. Il Padre ci fa dono per mezzo di suo Figlio e noi lo accogliamo attraverso lo Spirito Santo. Giovanni Paolo II, nella nella sua Esortazione Apostolica Redemptionis Donum 8 metterà nuovamente in risalto questo aspetto importante della vita consacrata.
«Gesù, fissatolo, lo amò». Questo è l’amore del Redentore: un amore che scaturisce da tutta la profondità divino-umana della Redenzione. In esso si riflette l’eterno amore del Padre, che «ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 16). Il Figlio, investito da quest’amore, accettò la missione del Padre nello Spirito Santo, e divenne il Redentore del mondo. L’amore del Padre si è rivelato nel Figlio come amore che salva. Proprio quest’amore costituisce il vero prezzo della Redenzione dell’uomo e del mondo 9.
“Per una più grande santità della Chiesa e per la maggior gloria della Trinità una e indivisa, la quale in Cristo e per mezzo di Cristo è la fonte e l’origine di ogni santità” (LG, n. 47).
La Povertà
“Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!” (Mt 19,21). Isabella farà proprio così. Il “sicuro baluardo” 10, fu da lei praticato fino all’eroismo. Nelle sue raccomandazioni, rivolgendosi alle sue figlie, ricordava loro:
Siamo religiose e spose di un Dio che ha voluto nascere in una stalla; quindi in tutte le circostanze dobbiamo sentire gli effetti della santa povertà 11.
È nello sperimentare la povertà che in Madre Isabella nasce il desiderio di carità verso i bisognosi e il rifiuto della ricchezza come ostacolo alla ricerca della “perfezione”. Per lei “ricca è solo l’anima che possiede Dio“.
Una perfezione indicata dal Cristo che accetta la morte come volontà del Padre: «Se vuoi essere perfetto…», sicché il concetto di «via della perfezione» possiede la sua motivazione nella stessa fonte evangelica. Non sentiamo, del resto, nel discorso della montagna: «Siate voi dunque perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5, 48). La chiamata dell’uomo alla perfezione è stata, in qualche modo, percepita da pensatori e moralisti del mondo antico e anche successivamente, nelle diverse epoche della storia. La chiamata biblica, però, possiede un suo profilo del tutto originale: essa è particolarmente esigente, quando addita all’uomo la perfezione a somiglianza di Dio stesso (Cfr. Lv 19, 2; 11, 44). Proprio in tale forma la chiamata corrisponde a tutta la logica interna della Rivelazione, secondo la quale l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio stesso. Egli deve, quindi, cercare la perfezione che gli è propria nella linea di questa immagine e somiglianza. Scriverà san Paolo nella Lettera agli Efesini: «Fatevi imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore» (Ef 5, 1-2)12.
Ma noi che idea abbiamo di povertà? Il decreto Perfectae Caritatis affronta il concetto dicendo:
La povertà volontariamente abbracciata per mettersi alla sequela di Cristo, di cui oggi specialmente essa è un segno molto apprezzato, sia coltivata diligentemente dai religiosi e, se sarà necessario, si trovino nuove forme per esprimerla. Per mezzo di essa si partecipa alla povertà di Cristo, il quale da ricco che era si fece povero per amore nostro, allo scopo di farci ricchi con la sua povertà (cfr. 2 Cor 8,9; Mt 8,20). Per quanto riguarda la povertà religiosa, non basta dipendere dai superiori nell’uso dei beni, ma occorre che i religiosi siano poveri effettivamente e in spirito, avendo il loro tesoro in cielo (cfr. Mt 6,20). Nel loro ufficio sentano di obbedire alla comune legge del lavoro, e mentre in tal modo si procurano i mezzi necessari al loro sostentamento e alle loro opere, allontanino da sé ogni eccessiva preoccupazione e si affidino alla Provvidenza del Padre celeste (cfr. Mt 6,25).
Le congregazioni religiose nelle loro costituzioni possono permettere che i loro membri rinuncino ai beni patrimoniali acquistati o da acquistarsi. Gli istituti stessi, tenendo conto delle condizioni dei singoli luoghi, cerchino di dare in qualche modo una testimonianza collettiva della povertà, e volentieri destinino qualche parte dei loro beni alle altre necessità della Chiesa e al sostentamento dei poveri, che i religiosi tutti devono amare nelle viscere di Cristo (cfr. Mt 19,21; 25,34-46; Gc 2,15-16; 1 Gv 3,17). Le province e le altre case di istituti religiosi si scambino tra loro i beni temporali, in modo che le più fornite di mezzi aiutino le altre che soffrono la povertà. Quantunque gli istituti, salvo disposizioni contrarie di regole e costituzioni, abbiano diritto di possedere tutto ciò che è necessario al loro sostentamento e alle loro opere, tuttavia sono tenuti ad evitare ogni lusso, lucro eccessivo e accumulazione di beni.
Una povertà quella di Isabella, rigida e distaccata dai beni terreni e, secondo i racconti, esortata da Gesù stesso in una delle sue apparizioni: Gesù “aveva sotto i piedi tutti gli oggetti di vanità che il mondo tanto apprezza” 13.
Una povertà visibile negli abiti, nelle scarpe, nelle tovaglie, nelle salviette, nella vita quotidiana, Un evidente distacco, voluto e cercato, dal proprio essere e dalla propria vanità. Lo stesso corpo viene chiamato da Isabella “letame” perché il corpo si oppone alle leggi dello Spirito14.
Quello di Isabella è un concetto profondo e non sempre facile da capire e da accettare. È lo Spirito che guidandoci aiuta a comprendere le affermazioni di Madre Isabella. La libertà della nostra Fondatrice trova radici profonde nel concetto paolino di “libertà” come la possibilità di fare quello che si deve e non quello che si vuole. Quando Isabella risponde con amore, con il silenzio alle sofferenze che la Chiesa, la Congregazione da lei fondata le infliggono, solo la croce, diventa l’unica ragione di vita. Quella croce che per prima è stata portata da Cristo e ora viene condivisa con lei attraverso il suo “fiat”.
Dai frammenti di lettere scritte dalla Fondatrice emerge un evidente sfogo interiore che può trovare consolazione solo attraverso la croce. La croce è per Isabella il punto di arrivo.
È qui che la libertà diventa accettazione. Isabella è libera perché può fare quello che deve. È un’illusione pensare che la libertà sia fare ciò che si vuole, Isabella ne è pienamente consapevole, se così fosse non potremmo più parlare di “libertà” ma di “autonomia” e la chiave di lettura sta nel significato che diamo a questo termine. Autonomia deriva dal greco αὐτόνομος ovvero αὐτό-νομος parola composta da αὐτο (auto) e νόμος (nomos), “legge”, cioè “legge propria”. “Auto-nomia” diventa quindi la possibilità per un soggetto di svolgere le proprie funzioni senza ingerenze o condizionamenti da parte di terzi. Se comprendiamo il vero significato di autonomia comprendiamo pure che libertà non è fare quello che si vuole (altrimenti libertà diventerebbe sinonimo di autonomia). La libertà di Isabella è una libertà che nasce dalla ricerca continua di Gesù ed è il Padre che in suo Figlio attraverso lo Spirito Santo le dona la libertà e la forza di accettare la croce come unica risposta all’ αὐτό-νομος. Giovanni Paolo II nell’udienza generale del Mercoledì, 14 gennaio 1981 15 ritorna in modo mirabile sul concetto di libertà ricorrendo a San Paolo, Lettera ai Galati:
“Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri. Tutta la legge, infatti, trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso” (Gal 5,13 -14).
L’Apostolo tende qui esplicitamente a far capire la dimensione etica della contrapposizione “corpo-spirito”, cioè tra la vita secondo la carne e la vita secondo lo Spirito. Anzi, proprio qui egli tocca il punto essenziale, svelando quasi le stesse radici antropologiche dell’ethos evangelico. Se, infatti, “tutta la Legge” (legge morale dell’Antico Testamento) “trova la sua pienezza” nel comandamento della carità, la dimensione del nuovo ethos evangelico non è nient’altro che un appello rivolto alla libertà umana, un appello alla sua più piena attuazione e, in certo senso, alla più piena “utilizzazione” della potenzialità dello spirito umano 16.
Papa Francesco, nella sua meditazione mattutina in Santa Marta17 suggerisce di pensare alla «prima volta che Gesù sentì questa libertà, e ce l’ha insegnata, nel deserto quando è stato tentato da Satana» che gli offrì ricchezze dicendogli «tu puoi convertire le pietre in pane, e anche le pietre in oro, in argento». E la riposta di Gesù è «no». Ma ecco che subito Satana rilancia, dicendo ancora «tu puoi fare un miracolo tale, buttarti dal tempio, e la gente crederà». Ma la risposta di Gesù è sempre «no, perché era libero». E «la libertà che aveva era seguire la volontà del Padre». Così quando, di nuovo, Satana propone «uno scambio: fa a me un atto di adorazione, e io ti darò tutto», Gesù dice ancora «no: il Padre vuole un’altra via di salvezza». E «finirà nella croce: Gesù è l’esempio di libertà più grande»18.
Come Gesù anche Isabella è libera di dire: si compia in me la tua santissima volontà .
La Castità
Quando Isabella chiama il suo corpo “letame” in realtà si riferisce al lato oscuro della persona, a quella parte che deve essere maggiormente controllata:
Terrò il mio corpo come un asino consegnatomi in custodia dal mio Dio. Non gli accorderò il superfluo per evitare che prenda qualche vizio, ma gli accorderò per obbedienza acciò quando il mio Padrone vorrà farne uso lo trovi atto al suo servizio.
Come diceva San Paolo il corpo si oppone duramente alle leggi dello spirito.
“Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!” (1Cor 6,19-20 ).
San Paolo termina la sua argomentazione della prima lettera ai Corinzi nel capitolo 6 con una significativa esortazione: “Glorificate dunque Dio nel vostro corpo”. La purezza, quale virtù ossia capacità di “mantenere il proprio corpo con santità e rispetto”, alleata con il dono della pietà, quale frutto della dimora dello Spirito Santo nel “tempio” del corpo, attua in esso una tale pienezza di dignità nei rapporti interpersonali, che Dio stesso vi è glorificato 19.
Per Isabella castità significava rigoroso controllo dei sensi esterni ed era evidente già nel suo modo di parlare, di agire, trattare. Un lavoro interiore profondo, una continua richiesta di aiuto a Dio attraverso la preghiera continua, il vivere concretamente le virtù ricorrendo anche a dolorose forme di disciplina volute per l’interno Istituto e da praticare almeno tre volte alla settimana. In realtà Isabella sa benissimo che il concetto di mortificazione è parte integrante del cammino di fede di un cristiano. Siamo noi che con i nostri desideri tendiamo ad allontanarlo. Proviamo a leggere quello che Paolo VI scrisse in occasione dell’Udienza generale del Mercoledì delle Ceneri, 12 febbraio 1964:
Il cristianesimo è la religione della croce, la Chiesa è la maestra della mortificazione. Tutto ciò non è conforme allo spirito moderno, che aspira alla felicità… Questo aspetto penitenziale della vita cristiana è profondamente saggio, e perciò degno d’essere da noi compreso ed accettato. Esso è innanzi tutto francamente realista 20.
In questo contesto è bene ricordare un’altra figura importante, Santa Margherita Maria Alacoque. Quest’ultima ricorreva all’abiezione (estrema mortificazione di sé stessi) e il crescente amore per la croce e per le sofferenze. Tanti sono i punti in comune tra Isabella e la Santa francese canonizzata da Benedetto XV nel 1920.
Niente al mondo può farmi piacere se non la croce del divino maestro, ma una croce molto simile alla sua, cioè pesante, senza gioia, senza consolazione e senza sollievo. Gli altri siano pur felici di salire col divino maestro sul Tabor; quanto a me, mi contenterò di conoscere la via del Calvario, fino all´ultimo sospiro della vita, tra i flagelli, i chiodi, le spine e la croce, senza altra consolazione, né piacere, tranne quello di non averne in questa vita. Che felicità soffrire in silenzio e morire in fine sulla croce, oppressa da ogni sorta di miseria nel corpo e nello spirito, tra l´obblio e il disprezzo… Non stanchiamoci dunque, di soffrire in silenzio. la croce è in grado di unirci per sempre e dovunque a Gesù sofferente 21.
L’esperienza di Santa Margherita Maria Alacoque prima e di Madre Isabella dopo, richiamano la nostra mente a delle considerazioni sul battesimo: “Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo” (Gal 3,27). Prendere coscienza della nostra dignità di cristiani secondo l’ammonimento del papa san Leone Magno: «Riconosci, cristiano, la tua dignità e, reso partecipe della natura divina, non voler tornare all’abiezione di un tempo con una condotta indegna. Ricordati chi è il tuo Capo e di quale Corpo sei membro. Ricordati che, strappato dal potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce del regno di Dio. Con il sacramento del battesimo sei diventato tempio dello Spirito Santo!… Ricorda che il prezzo pagato per il tuo riscatto è il sangue di Cristo» 22.
Isabella è un’anima che ha compreso bene le esigenze di Dio e vuole corrispondervi con tutta la sua forza. Bellissime sono quelle sue parole ricolme di amore per Gesù: “Un’anima che nutre volontariamente la più piccola imperfezione, anche solo un pensiero, non sarà mai perfetta e non potrà piacere interamente al Signore“. Il rigoroso controllo sui suoi desideri terreni, la piena attuazione delle virtù porterà Isabella a capire cosa proveniva o non da Dio. Un lavoro interiore profondo che le farà scoprire, interiormente, le virtù dell’umiltà e dell’amore.
“La vera virtù è il mortificare le tue passioni, non temere le umiliazioni, amare sinceramente, ed essere abietta e in cuor tuo non avere il desiderio di preminenza” 23
Isabella è un’anima riparatrice sul Calvario, libera, per volontà di Dio, da quei lacci invisibili che ci legano al mondo e dal quale siamo fortemente attratti. Gesù è il suo diletto. Salire sul Calvario per Isabella significa elevarsi verso la perfezione, una perfezione che la porta diretta a Dio.
Ma noi abbiamo la consapevolezza della bellezza del concetto di castità? Proviamo a comprenderne il significato attraverso il decreto Perfectae caritatis che qui riportiamo in parte:
La castità « per il regno dei cieli » (Mt 19,12), quale viene professata dai religiosi, deve essere apprezzata come un insigne dono della grazia. Essa infatti rende libero in maniera speciale il cuore dell’uomo (cfr. 1 Cor 7,32-35), cosi da accenderlo sempre più di carità verso Dio e verso tutti gli uomini; per conseguenza essa costituisce un segno particolare dei beni celesti, nonché un mezzo efficacissimo offerto ai religiosi per potere generosamente dedicarsi al servizio divino e alle opere di apostolato. In tal modo essi davanti a tutti i fedeli sono un richiamo di quella mirabile unione operata da Dio e che si manifesterà pienamente nel secolo futuro, mediante la quale la Chiesa ha Cristo come unico suo sposo.
Bisogna adunque che i religiosi, sforzandosi di mantener fede alla loro professione, credano nelle parole del Signore e, fidando nell’aiuto divino, non presumano delle loro forze, ma pratichino la mortificazione e la custodia dei sensi. E neppure trascurino i mezzi naturali che giovano alla sanità mentale e fisica. In tal modo essi non potranno essere influenzati dalle false teorie, che sostengono essere la continenza perfetta impossibile o nociva al perfezionamento dell’uomo; e, come per un istinto spirituale, sapranno respingere tutto ciò che può mettere in pericolo la castità. Inoltre ricordino tutti, specialmente i superiori, che la castità si potrà custodire più sicuramente se i religiosi sapranno praticare un vero amore fraterno nella vita comune.
Il consiglio evangelico della castità è solo un’indicazione di quella particolare possibilità che per il cuore umano, sia dell’uomo sia della donna, costituisce l’amore sponsale di Cristo stesso, di Gesù «Signore». Il «farsi eunuchi per il Regno dei cieli», infatti, non è solo una libera rinuncia al matrimonio e alla vita di famiglia, ma è una scelta carismatica di Cristo come Sposo esclusivo. Tale scelta non solo permette specificamente di «preoccuparsi» delle cose del Signore, ma – fatta «per il Regno dei cieli» – avvicina questo Regno escatologico di Dio alla vita di tutti gli uomini nelle condizioni della temporalità e lo rende, in un certo modo, presente in mezzo al mondo 24
L’obbedienza
L’obbedienza in Madre Isabella fu uno degli aspetti più importanti della sua vita religiosa e di quella di tutto l’istituto da lei fondato. Una convinzione che evidenziò in tantissime situazioni dandone lei stessa esempio concreto anche quando da sola, esiliata e chiusa nella sua cameretta non le fu permesso di ricevere visite da parte delle sue consorelle. Capire il concetto di obbedienza nella vita di Isabella ci porta a una domanda fondamentale: chi è Dio per lei. La risposta la troviamo nella lettera ai Filippesi dove l’apostolo Paolo ci suggerisce quanto sia importante entrare nella totalità del mistero di Cristo fino per averne gli stessi sentimenti.
“Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono di Gesù Cristo (Filipp. 2,5)
Dalla lettura della lettera ai Filippesi, sembra emergere proprio il volto di Isabella, che spogliatasi di tutto, umiliò se stessa facendosi obbediente fino alla “morte in croce“.
È lei stessa che ricorda alle sue consorelle di tenerla quanto più possibile alla presenza di Dio attraverso suo figlio Gesù soprattutto quando una qualsiasi distrazione avrebbe potuto distoglierla da quell’amore incondizionato verso la Croce di Cristo. La volontà della fondatrice era legata alla volontà di Dio e da questa dipendeva.
«voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1 Cor. 3, 23)
Nella mia solitudine sono sempre occupata a servire il mio Padrone come egli vuole e bisogna praticare costantemente le virtù sotto lo sguardo di Lui solo. Io ai pie’ di Gesù Sacramento passo il resto della mia vita e mi sento ricoverata nel Suo Sacratissimo Cuore25.
Amore, fedeltà e generosità sono per Isabella le tre caratteristiche fondamentali dell’obbedienza. A tutte le novizie ripeteva, con convinzione, di praticare continuamente la virtù dell’obbedienza, se necessario, fino all’estremo. In lei vi era la convinzione che un’anima religiosa doveva essere a completa discrezione di Dio del quale il superiore ne era il rappresentante presso noi26.
Ma perché l’amore per Gesù porterà Isabella alla pratica dell’umiltà e della penitenza? La risposta la troviamo nell’ enciclica Mediator Dei di Pio XII:
Ogni atto di volontà presuppone l’esercizio della intelligenza, e, prima che si concepisca il desiderio e il proposito di darsi a Dio per mezzo del sacrificio, è assolutamente necessaria la conoscenza degli argomenti e dei motivi che impongono la religione, come, per esempio, il fine ultimo dell’uomo e la grandezza della divina maestà, il dovere della soggezione al Creatore, i tesori inesauribili dell’amore col quale Egli ci vuole arricchire, la necessità della grazia per giungere alla meta assegnataci, e la via particolare che la divina Provvidenza ci ha preparata unendoci tutti come membra di un Corpo a Gesù Cristo Capo. E poiché non sempre i motivi dell’amore fanno presa sull’anima agitata dalle passioni, è molto opportuno che ci impressioni anche la salutare considerazione della divina giustizia per ridurci alla cristiana umiltà, alla penitenza ed alla emendazione.
L’elemento essenziale del culto deve essere quello interno: è necessario, difatti, vivere sempre in Cristo, tutto a Lui dedicarsi, affinché in Lui, con Lui e per Lui si dia gloria al Padre. La sacra Liturgia richiede che questi due elementi siano intimamente congiunti; ciò che essa non si stanca mai di ripetere ogni qualvolta prescrive un atto esterno di culto. Così, per esempio, a proposito del digiuno ci esorta: «Affinché ciò che la nostra osservanza professa esternamente, si operi di fatto nel nostro interno» (cfr. Missale Romanum, Segreta della feria quinta dopo la II Domenica di Quaresima). Diversamente, la religione diventa un formalismo senza fondamento e senza contenuto.
Note
- per uno studio approfondito si consiglia lo studio di questa esortazione apostolica al seguente link.
- Citando il Concilio Papa Paolo VI richiama l’attenzione sul Concilio Vaticano II.
- Lumen Gentium (LG) 21 novembre 1964
- Benedetto XVI, Discours au Monde de la Culture, 12/9/2008
- Da Lumen Gentium – Grandezza della consacrazione religiosa46.
- Ad Gentes. La missione del Figlio 3
- Da Lumen Gentium 42 C – Per uno studio più approfondito si consiglia il seguente link
- Redemptionis Donum (link).
- Giovanni Paolo II, Redemptionis Donum. Dal Vaticano, il 25 marzo dell’Anno Giubilare della Redenzione 1984, sesto di Pontificato.
- Isabella chiamava la povertà in questo modo.
- Espressioni usate in una delle tante raccomandazioni che Madre Isabella fa alle sue figlie.
- Da Redemptionis Donum, Giovanni Paolo II.
- Madre Isabella renderà pubblica testimonianza di questa apparizione attraverso un dipinto che lei stessa farà esporre nel salone della casa.
- Isabella è fortemente richiamata da San Paolo e dal concetto di libertà e di carne
- Giovanni Paolo II, Udienza Generale del 14 gennaio 1981 link .
- Giovanni Paolo II, Udienza Generale, La vita secondo lo spirito, fondata nella vera libertà, Aula Paolo VI, Mercoledì, 14 gennaio 1981
- Papa Francesco, Meditazione mattutina nella Cappella della Domus Santae Marthae, La vera libertà, Venerdì, 13 aprile 2018.
- link.
- Da Giovanni Paolo II, Dottrina paolina della purezza come “vita secondo lo spirito” mercoledì, 18 marzo 1981 link.
- Paolo VI , Udienza generale del Mercoledì delle Ceneri, 12 febbraio 1964, link
- Santa Margherita Maria Alacoque e il suo desiderio di soffrire rivelato al suo Padre spirituale Croiset
- Battesimo e vita cristiana. link
- Madre Isabella de Rosis.
- da Giovanni Paolo II, Redemptionis Donum, 25 marzo 1984.
- Da lettere…n. 501, pag.514 – Madre Isabella.
- Da direttorio pp 30-31