Premessa
Queste pagine sono state scritte con un’unica finalità: evidenziare il concetto di riparazione cercando di isolarlo da un contesto culturale complesso che vede il suo più ampio sviluppo durante tutto il XIX secolo e parte del XX secolo. Bisogna pure comprendere che quando si parla di riparazione si associa ad essa la devozione al Sacro Cuore. Una devozione voluta da Gesù e manifestata a Santa Margherita Maria Alacoque. Almeno tu mi ami?
La nostra ricerca però mira a sottolineare la devozione e la riparazione dal punto di vista di Madre Isabella de Rosis fondatrice delle Suore Riparatrici del Sacro Cuore. Un percorso arduo che la porterà a trovarsi davanti a Gesù crocifisso. È la passione, come atto di riparazione, il centro della spiritualità di Isabella. La croce diventa il climax cui tendere e per poterlo raggiungere deve accettare la sofferenza come passaggio obbligato. Più Isabella si annulla al mondo più si avvicina al Cuore di Gesù per condividerne le sofferenze. Isabella considera il Cuore di Gesù principio di vita nella sua mente. La vocazione di Isabella parte dall’interno della sua anima proprio come affermava Mons. D’Hulst:
“la dottrina della riparazione sta sempre al fondo di ogni vita interiore”
Leggendo il documento si può avere l’impressione di allontanarsi dall’obiettivo preposto, in realtà è solo un’impressione apparente perché affrontare lo studio della riparazione porta, inevitabilmente, a ripercorrere il concetto di devozione e il ruolo della preghiera. La Chiesa ha scritto molto in merito alla riparazione e lo ha fatto sempre ricongiungendosi alla devozione al Sacro Cuore. Poter leggere quei documenti, pur essendo lontani dal periodo di Madre Isabella, ci aiuta e facilita il percorso di ricerca. Un’analisi attenta relativa ad uno specifico tema risalta con maggior forza se si analizza il contesto storiografico e culturale in cui tutto si muove. Le citazioni che si trovano all’interno hanno questa funzione: aiutare il lettore nel percorso di lettura della spiritualità di Isabella. È importante ribadire che noi, così pure Isabella, non viviamo soli ma in un contesto dove le relazioni possono in modo diverso influenzarci. Comprendere il contesto significa essere poi capaci di togliere tutto ciò che può ostacolare una interpretazione pura del concetto che vogliamo approfondire.
Madre Isabella con il suo abbandono a Dio è stata partecipe della stessa vita del Figlio di Dio. Quella cui tutti noi dovremmo aspirare. San Paolo scriveva:
“Una stessa vita, la vita del Padre celeste, passa in Gesù ed in voi, in Gesù per natura perché egli è il capo, in voi per adozione perché voi siete le membra che ricevono la vita dal capo, il quale in virtù del suo sacrificio vi ha divinizzati”.
Il senso religioso della riparazione in Madre Isabella de Rosis
Il senso religioso della riparazione in Madre Isabella è parte di una cultura europea che trova il suo humus nel XIX secolo: la devozione al Sacro Cuore. Una devozione che si protrarrà anche nel ‘900. Papa Pio XI con la sua Enciclica Miserentissimus Redemptor1 del 1928 evidenziava questa profonda devozione citando Papa Leone XIII:
Allorché la Chiesa, alle origini, era oppressa dal giogo dei Cesari, ad un giovane imperatore apparve, in alto, una croce, auspice ad un tempo e realizzatrice della splendida vittoria che subito dopo seguì. Ora vi è offerto davanti agli occhi un segno faustissimo e divinissimo, cioè il Sacratissimo Cuore di Gesù, che porta su di sé la croce e che splende tra fiamme di lucentissimo candore. In lui dobbiamo collocare ogni speranza: a lui va richiesta e da lui va attesa la salvezza (Enciclica Annum sacrum)2.
Pio XI, proseguendo, ricorda alla Chiesa intera, l’amore profondo di Dio per il genere umano a tal punto di lasciare il suo unico figlio, Gesù, salire il calvario ed abbracciare la Croce.
“ci condonò tutti i peccati” (Colossesi 2:11-13).
Quello di abbracciare la croce è l’espressione più elevata dell’Amore, che ha il potere di trasfigurare il fallimento e la sofferenza. Amare significa dimenticarsi di sé stessi e, giorno dopo giorno, essere in grado di offrire una piccola parte della propria vita. Amare è donarsi senza riserve, è accogliere l’altro come dono prezioso per il Signore. La prospettiva della Croce non è la morte ma l’esaltazione della vita.
“Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).
Ci dobbiamo soffermare e riflettere sul significato di abbondanza, perisson, una parola che nel greco antico trova la sua collocazione migliore: oltre misura, più, superfluo, una quantità cosi abbondante che è considerevolmente più di quanto ci si potrebbe aspettare o anticipare. Proviamo a leggere:
“Le cose che occhio non ha visto e che orecchio non ha udito e che non sono salite in cuor d’uomo, sono quelle che Dio ha preparato per quelli che lo amano” (1 Corinzi 2:9)
È qui, in questo contesto che la salvezza dell’uomo passa attraverso una profonda relazione con Dio. Certo, la Croce fa paura, la Croce richiede accettazione della volontà del Padre.
“Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42)
In queste parole Gesù umiliato, schiacciato dal male del mondo, si abbandona alla volontà del Padre.
E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo: “Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!” (Mt27, 39-44), (Mc 15, 29-32)
Gesù ha accettato e vissuto le umiliazioni fino a morire in croce per la salvezza dell’uomo. Gesù ha fatto la volontà del Padre. Ma abbandonarsi fiduciosi implica una profonda trasformazione che passa inevitabilmente attraverso la preghiera. Ecco perché essere discepola fedele esige il prendere decisioni, tutti i giorni, per vivere nel modo di Gesù. Seguire Cristo vuol dire rinnegare sé stessi. Tutto questo richiede una profonda ed intima riflessione su cosa significa, per noi, Amore e che cosa siamo capaci di fare per testimoniarlo. La Croce è la manifestazione più grande di questo amore incondizionato che l’uomo, senza la grazia, non riuscirebbe neanche ad immaginare.
“Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Marco 8:27-35).
Che senso diamo noi all’espressione rinnegare sé stessi. Una bellissima riflessione ci viene offerta da Padre Raniero Cantalamessa:
Gesù non chiede di rinnegare “ciò che siamo”, ma ciò che “siamo diventati”. Noi siamo immagine di Dio, siamo perciò qualcosa di “molto buono”, come ebbe a dire Dio stesso, subito dopo aver creato l’uomo e la donna. Quello che dobbiamo rinnegare non è quello che ha fatto Dio, ma quello che abbiamo fatto noi, usando male la nostra libertà. In altre parole, le tendenze cattive, il peccato, tutte cose che sono come incrostazioni posteriori sovrapposte all’originale. “Rinnegare” significa come spiega Gesù stesso, “ritrovare”: “Chi perderà la propria vita, la troverà”. Rinnegarsi è il vero modo di realizzarsi!3
Madre Isabella rinnegherà sé stessa e prenderà su di sé la propria croce perché vuole seguire Gesù, vuole nutrirsi di quel gesto di carità che Dio ha compiuto per l’umanità. La Congregazione stessa ha la certezza di questo legame simbiotico con Gesù perché Isabella diventa testimone di Gesù crocifisso con la propria vita. Ecco cosa scriveva:
“Tribolata sono io Signore, da ogni parte, vedi l’afflizione del mio cuore, la desolazione del mio animo, priva di ogni umano conforto spirituale e temporale, spogliata di tutto, chiusa e abbandonata! Tutto offro a te, Signore mio e Dio mio, per esserti serva fedele e far che si compia in me la Tua Santissima Volontà. Sii sempre da me benedetto e fa di me quello che vuoi nel tempo e nell’eternità. Ti supplico di unire il mio stato presente al tuo abbandono sulla Croce e con questa moneta d’inestimabile valore, saldare i debiti presso la tua Divina Giustizia” (Madre Isabella de Rosis)4
Ascendiamo il Calvario come Gesù vuole, lì troveremo Gesù coronato di spine, confitto in croce! Stringiamoci a Lui. amiamolo per se stesso (Madre Isabella de Rosis)5.
Esorto ad essere vere spose di Gesù Crocifisso, crocifisse con Lui sulla croce e che la nostra aspirazione sia quella di stare strette a Gesù in croce, lavorare senza posa per la sua gloria e che l’abito di riparatrici non ci sia, nel giorno del giudizio, rimprovero, ma di dolce adito per unirci al celeste Sposo in eterno. (Madre Isabella de Rosis)6
Dove abbonda l’ingratitudine, facciamo abbondare la carità (Madre Isabella de Rosis)7.
Rileggere, a posteriori, la vita della nostra Fondatrice non fa altro che ricondurci a quanto Gesù aveva detto in precedenza:
“Chi si innalza sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato” (Luca 18_9-14)
Noi, Riparatrici del Sacro Cuore dobbiamo comprendere pienamente quanto Gesù ci vuole insegnare attraverso l’Evangelista Luca, così pure l’amore di Madre Isabella per Gesù crocifisso non deve essere visto come gesto eroico. La riparazione vissuta dalla nostra Fondatrice è il fine religioso della Congregazione stessa e tutte noi siamo tenute a maturare interiormente questo rapporto simbiotico con Dio. Accogliere l’invito di Gesù, richiede una profonda comprensione del significato “prendere la propria croce”: Dio non chiede ai suoi discepoli e alla folla la sofferenza e la morte. Dio chiede all’uomo di non rimanere nell’ambizione personale, ma di vivere nell’essenzialità dell’adesione a Lui.
“Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà” (Marco 8,35).
È qui che emerge e si fonda il pensiero della Riparazione di Madre Isabella. Un pensiero che l’accompagnerà per il resto della propria vita e che tutte noi, sue consorelle, dobbiamo realmente comprendere ed accettare perché la riparazione è un gesto di accettazione. Se vogliamo, è la risposta al desiderio di ambizione che ciascuna di noi ha sotto forme diverse:
“Siamo Figlie e Sorelle carissime, quelle che dobbiamo essere e Gesù ci vuole: vere Riparatrici del Cuore Santissimo” (Madre Isabella) 8
Dovere e volontà sono le due parole chiave della spiritualità di Isabella. Aspirare alla perfezione è un dovere:
“Dobbiamo procurare in noi stesse la maggiore perfezione possibile” (Madre Isabella)
Ma il dovere non serve se non vi è la volontà di perseguire un obiettivo. La spiritualità che ci propone Madre Isabella è una scelta di vita che possiamo accettare oppure no. Sta a noi, alla nostra libertà decidere cosa e come fare. Non basta dire “Si”. La volontà deve essere alimentata dalla preghiera, dall’incontro continuo con Dio affinché ci faccia dono di Gesù attraverso lo Spirito Santo e ci sostenga nei momenti difficili. Lo stesso Gesù ci ricorda, attraverso il Vangelo, dell’importanza della preghiera come unica via che ci unisce al Padre:
“Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: “Pregate, per non entrare in tentazione” (Lc 22,39-40).
In Gesù c’è sempre un dialogo intimo con il Padre. Per ogni occasione o guarigione che sia Gesù trova momenti di solitudine per raccogliersi in preghiera, per dialogare con il Padre. Quanto più era immerso nei bisogni della gente, tanto più sentiva viva la necessità di riposare nella Comunione trinitaria, di tornare con il Padre e lo Spirito. Come ci riferisce Matteo Gesù “ha preso le nostre debolezze e si è addossato le nostre malattie” (Mt 8,17; Is 53,4). a tal punto di caricarsi lui stesso delle sofferenze per poterle sconfiggere. L’umiltà di Gesù non è una debolezza, tanto meno una sconfitta. L’umiltà del Figlio di Dio è la più grande virtù che viene mostrata da nostro Signore all’uomo. Il Card. Carlo Maria Martini scriveva:
L’umiltà di Gesù ci apre qualche spiraglio per intuire qualcosa della Trinità, dove, come sappiamo, per quanto lo si possa esprimere con parole umane, ogni persona divina è tutta in relazione all’altra. Nessuno si chiude in sé, ma tutto si dona all’altro. È quell’atteggiamento che noi umanamente chiamiamo amore: uscire da se stessi per donarsi tutto all’altro. È umiltà, svuotamento di se stessi, perché l’altro sia. Per questo, Dio-Amore è rappresentato al meglio dal Gesù umiliato, povero, sofferente, crocifisso.9
L’umiltà di Madre Isabella non è affatto rassegnazione al male che sta vivendo su di sé ma chiara comprensione dell’avvicinarsi al profondo Mistero Trinitario della Croce. Attraverso la sofferenza Madre Isabella non vede la sconfitta dell’uomo ma la vittoria dell’Amore semplicemente perché ha fiducia in Lui. Attraverso Isabella Dio si manifesta nella sua totale pienezza. Cristo non muore sulla croce ma vive, trionfa attraverso la croce. La croce di Isabella diventa gesto eroico nel momento in cui la sua umiliazione non è l’esaltazione di sé ma piena accettazione della volontà del Padre. Isabella, come Gesù offre se stessa per la salvezza dell’uomo caduto a causa della sua superbia. Il cuore di Gesù è un cuore sanguinante e avvolto nelle spine che gli uomini ingrati gli configgono continuamente. Ce lo ricorda la Vergine Santissima, attraverso Suor Lucía di Fatima, nella sua apparizione del 10 settembre del 1925. Isabella comprende perfettamente che Nostro Signore chiama ciascuna di noi a gesti di riparazione per quello che gli è stato fatto. La vita stessa di Gesù, con la sua passione e morte, è una riparazione continua per il bene dell’umanità intera. Questo non significa però che Dio ci perdona solo a condizione che…Dio ci perdona sempre! Ci ha perdonati dalla Croce mentre veniva deriso, umiliato: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Il perdono “non nega il torto subito, ma riconosce che l’essere umano, creato ad immagine di Dio, è sempre più grande del male che commette” (Papa Francesco)10.
La bellezza di Isabella sta nella sua totale adesione al Cristo crocifisso, alla decisione di seguirlo senza timore. Pur abbandonata da tutti, si sente abbracciata e consolata da quel Dio che da vittima dell’uomo diventa il Consolatore:
Mi tocca navigare in un mare assai tempestoso, ma tutta la mia fiducia l’ho riposta nel mio Dio(Madre Isabella)11.
Isabella nella sua vita accettò e sopportò tutto per amore del Signore. Non ci fu evento negativo in grado di dissuaderla da quell’amore verso Padre. Ma in lei la preghiera ha avuto un ruolo importante. È stato e rimane il mezzo privilegiato per arrivare al Sacro Cuore:
“Consolare il Cuore Santissimo di Gesù con la nostra amorosa riparazione in unione dei Serafini del Cielo; Glorificare con Gesù il Dio della maestà tanto oltraggiato dagli uomini” (Madre Isabella).
Dalle lettere di Madre Isabella la riparazione è elemento indispensabile della propria spiritualità. Una riparazione che invita ciascuna di noi ad abbracciare la Croce, quella Croce che Gesù, per primo, ha accettato di prendere su di Sé.
È significativo, in questo contesto citare le parole di Tacito “supplicium servile” o Cicerone, Crudelissimum teterrimumque supplicium. Termini che esprimono in modo forte la risposta crudele degli uomini all’Amore gratuito del Padre attraverso Gesù.Una risposta drammatica che ci mostra la Croce, ovvero, la piena accettazione della volontà del Padre.
Madre Isabella affermava in una sua lettera indirizzata a Madre Santorelli:
“La mia consolazione è di vedere tutte le mie figlie nel solo e puro amore di Dio”
Se la croce, per Madre Isabella è consolare Gesù per il male subito e ripagarlo del suo amore infinito, la croce stessa diventa il suo fiat. Per Isabella consolare Gesù vuol dire, prima di tutto, consacrarsi a Lui e ritornare a quell’ordine divino spezzato dal peccato attraverso la grazia (dono) per diventare poi tutt’uno con il Cristo, povero e crocifisso. Per capire pienamente la devozione al Sacro Cuore di Isabella bisogna indagare sul significato che viene attribuito ad essa. La devozione è l’evidenziazione di un desiderio profondo di ricerca della propria spiritualità. È il mezzo attraverso il quale il credente esterna la sua ricerca interiore. Sarebbe un errore considerare, però, la devozione come un insieme di pratiche religiose. La devozione è lo sforzo che il credente compie per raggiungere il principio chiave, ma una tale lettura ci fa capire che quello che Isabella ci propone è una scelta di vita e pertanto impossibile da imporre. La devozione di Isabella è il Sacro Cuore, un’esperienza unica che la spinge ad accettare, sacrificare tutto per raggiungerla. Sentimenti, forze, attività, intenzioni, tutto confluisce verso il cuore di Gesù. Ma stiamo attente a non considerare la devozione come una pratica devozionale. Certo, il raccoglimento, la lettura di preghiere, il fissare immagini religiose può aiutarci in questa ricerca interiore di dialogo con Dio. Quello che occorre, però, è di essere “nude” davanti al Signore, libere da desideri terreni, da pensieri che non sono quelli del Padre. Ecco cosa scriveva Madre Isabella in Pensieri ed Esortazioni:
“Chi entra nella nostra Società deve persuadersi che, per seguire il consiglio di Nostro Signore Gesù Cristo, deve abbandonare suo padre, sua madre, i suoi fratelli, le sue sorelle e tutto ciò che aveva nel mondo senza ripigliarlo mai più. Raffreni ciascuna il desiderio e molto più la smania di vedere i suoi e saper loro notizie…È necessario che si sforzi di correggere questa affezione troppo naturale e mutarla in spiritualità… Conviene a una persona, essendo morta al mondo e all’amore proprio, vive solo per amare e riparare, in unione con i Serafini, il Cuore SS di Gesù Cristo (Distacco dalle cose del mondo ed amore alla Croce, Madre Isabella)12.
Isabella sa bene che la devozione al Sacro Cuore è un’esperienza unica in quanto è espressione della sua vita con il suo incessante desiderio di amare. Viva eternamente il Divin Cuore nei nostri cuori13 diceva Isabella con fervore ma ripeteva anche: sia fatto il volere del Padre, quando ci mortifica allora più ci ama14.
Attraverso i suoi scritti Madre Isabella ci lascia tracce indelebili del suo unico vero amore: il Cuore Santissimo di Gesù.
“lo dico, francamente, il suo cuore è anche il mio cuore. Se Gesù è il mio capo, come quello che è del mio capo, non deve essere anche mio? (Madre Isabella)15.
L’atto di consacrazione al Sacro Cuore vede, come punto di riferimento, l’esperienza spirituale di Santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690) e il messaggio di Paray-le-Monial, relativo alle apparizioni del Sacro Cuore alla visitandina Alacoque. Un culto incentrato sul cuore quale simbolo dell’amore e simbolo della nostra Congregazione. Ma ci accorgiamo subito che Isabella proseguendo la sua strada spirituale, seppur influenzata dai tempi, non avrà modelli di riferimento. Non imiterà nessun movimento dell’epoca. Il suo riferimento rimarrà Cristo crocifisso che, come si vede nello stemma, è rappresentato da un cuore trafitto, umiliato, incoronato di tanta sofferenza. Solo la croce diventa la vera risposta a una tale barbarie, una croce che, come accennato nelle pagine precedenti, è simbolo di vita, di trionfo del Dio-Amore. Sicuramente anche l’esperienza presso le Suore di Maria Riparatrice è stata importante per Madre Isabella ma non risolutiva. Le parole di Padre Piccirillo suo direttore e confessore di Pio IX tendono a mettere in luce i progetti di Dio su di lei:
“non pensi per ora a nulla perché il Signore vuole altro da lei” (Parole di Pio IX riferite a Madre Isabella dal suo direttore spirituale Padre Piccirillo).
Certo, il Signore voleva le Riparatrici del Suo Cuore. A Isabella viene chiesto di trovare la strada di questo legame profondo con Gesù crocifisso. A lei non viene chiesto di annunciare chissà cosa. A Isabella viene solo richiesto di riparare le sofferenze inflitte al suo Sposo Gesù. Ecco allora che le sofferenze di Isabella su questa terra si trasformano in ricerca della perfezione, unico mezzo che la potrà avvicinare sempre più al suo Sposo.
Ascendiamo il Calvario come Gesù vuole, Lì, troveremo Gesù coronato di spine. confitto in croce! stingiamoci a Lui, amiamolo per se stesso (Madre Isabella).
Concludiamo questo breve percorso con la lettera ai Colossesi – Capitolo 3 perché può, ulteriormente, farci capire meglio Madre Isabella e cerchiamo di dare una risposta del perché è stata aggiunta in queste pagine. Cosa accomuna Isabella alla Lettera ai Colossesi e cosa significa interiormente per noi questo documento. Che peso diamo a parole come:
- cercate le cose di lassù,
- Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio.
- Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra
Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria. Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria; a motivo di queste cose l’ira di Dio viene su coloro che gli disobbediscono. Anche voi un tempo eravate così, quando vivevate in questi vizi. Ora invece gettate via anche voi tutte queste cose: ira, animosità, cattiveria, insulti e discorsi osceni, che escono dalla vostra bocca. Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato. Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti. Scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie! La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre.16
- Link: http://www.vatican.va/content/pius-xi/it/encyclicals/documents/hf_p-xi_enc_19280508_miserentissimus-redemptor.html
- http://www.vatican.va/content/leo-xiii/en/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_25051899_annum-sacrum.html
- http://www.cantalamessa.org/?p=3392
- Da Pensieri spirituali pag. 51
- Da lettera 324
- Da lettera 409
- Da lettera 333
- Da lettera 322
- Link: https://www.avvenire.it/agora/pagine/lumilt-di-ges-chiave-e-segreto-della-trinit
- Link: http://www.vatican.va/content/francesco/it/angelus/2017/documents/papa-francesco_angelus_20170917.html
- Da lettera 9
- Da pensieri ed esortazioni pagg. 45-46
- Da lettara 96
- Da lettera 26
- FF n°1161- Fervore di carità pag. 911
- Lettera ai Colossesi-3