“Hai fatto, hai detto, hai realizzato tanto, ora pensa a te, preparati per la via sicura, perché ti aspetto per abbracciarti e consolarti“.

Madre Adele Manduzio, di origine Pugliese, nasce a San Nicandro Garganico (FG). Entra giovanissima nella Congregazione religiosa delle Suore Riparatrici del Sacro Cuore e all’età di 19 anni emetterà i primi voti. Diventerà Madre Generale nel Capitolo Elettivo del 26 luglio 2006. Di lei si può affermare che è stata sempre una suora di ampie vedute e lungimirante, dovunque è andata ha favorito l’inserimento delle Suore, perché la Comunità fosse sentita come vera Famiglia. Nella Scuola e tra i Laici, è stata promotrice di incontri, di agape1 fraterna con un unico fine quello di creare una cultura cristiana testimoniata con la propria vita e basata sulla carità e il dialogo [dal lat. dialŏgus, gr. διάλογος, der. di διαλέγομαι]. Il dialogo come avvicinamento, accoglienza, condivisione con l’altro. Come asseriva Benedetto XVI “Deus Caritas est”2, «l’amore è divino perché viene da Dio e ci unisce a Dio e, mediante questo processo unificante, ci trasforma».
In Madre Adele Mandunzio troviamo quelle risposte a quegli interrogativi che il Cardinal Martini nel 1969 si poneva:
Che cosa vuol dire essere cristiani? Che cosa significa testimoniare Cristo nel mondo di oggi?».
Domande che nascono dalla consapevolezza che le profonde intuizioni del Vaticano II sulla realtà della Chiesa, forse ancora oggi non sono state pienamente comprese dalla Chiesa.
Madre Adele vive profondamente l’importanza dell’incontro con “l’altro” e lo manifesta continuamente nella sua storia personale, una storia che parla di Cristo del profondo amore che il Padre ha riversato e continua a riversare sull’uomo pur lasciandolo libero nelle sue scelte. Nel leggere la vita religiosa di questa suora ritorna alla mente il Vangelo secondo Matteo (Mt 25,31-46) :
“Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Madre Adele si muove in un contesto religioso ben preciso quello delle Riparatrici del Sacro Cuore. In lei brucia la spiritualità di Madre Isabella, di un carisma che spinge l’essere umano ad abbracciare la croce e condividere con Gesù le proprie e altrui sofferenze. È un rinunciare a “essere” per proclamare la gloria di Dio. È una ricerca continua di Gesù inteso come colui che non fu né laico né religioso, e nemmeno vescovo, ma che è sorgente e punto di arrivo di ogni vocazione ecclesiale e prototipo unico della vita cristiana 3.
Quella che segue è la storia spirituale e cristiana scritta da Madre Adele stessa, di una suora che ha messo tutta la sua vita nelle mani del Signore e si è fatta condurre dallo Spirito Santo. Nel leggere questo testo emerge con forza la sua umiltà che non è sinonimo di povertà ma, al contrario, una virtù che il Signore le ha donato come segno di fedeltà, un dono a quel suo fiat manifestato già in tenera età. Accogliamo con amore ciò che lo Spirito ci sussurra nel leggere questo testo.
Parlare di sé è sempre difficile, ma l’umiltà è verità. A volte quando penso alla mia vita, mi sembra di essere già nata con i sentimenti di suora.
Persi il papà a cinque mesi e la mia cara mamma mi insegnò tante cose, mi educo ad essere donna e cristiana convinta. All’età di dieci anni già mi recavo a tutte le funzioni religiose in cattedrale: oltre alla celebrazione domenicale, vi andavo per vivere intensamente tutto il periodo della quaresima, il mese di maggio, tutte le manifestazioni religiose. Partecipavo alla novena di Natale e, anche se nevicava, non c’erano parole che mi convincessero a fare diversamente. A un mese circa dalla morte di mia madre, incontrai Suor Lorenza, che, vedendomi tutta vestita di nero, mi chiese come mai, nonostante fossi una bambina così piccola, portavo i1 fazzoletto nero in testa e vestivo così di lutto. Le raccontai un po’ della mia storia ed ella mi propose di andare a vivere dalle suore, perché si sarebbe aperta una comunità di accoglienza per chi ne avesse avuto bisogno. Toccai il cielo con un dito e nacquero in me tanti sentimenti, che alimentarono nuovi sogni, nuove prospettive di vita. Il Signore mi apriva davanti nuovi orizzonti e mi faceva intendere la sua voce delicata che mi chiamava a seguirlo. Mi misi subito all’opera per preparare i documenti da sola, senza dire nulla a mia sorella e ai miei nonni. Ogni mattina, quando accompagnavo la mia nipotina Lucia all’asilo, Suor Lorenza mi dava informazioni sui documenti e su come procedevano i lavori. Da sola mi procurai la documentazione necessaria sul comune; per il certificato di sana e robusta costituzione, bisognava versare un contributo economico per il bollo, ma io non avevo nulla. Mi ricordai che nelle vicinanze c’era una zia, così mi feci prestare dei soldi e poi glieli riportai, ringraziandola per la sua gentilezza. C’era anche bisogno di una firma del sindaco, perciò il giorno dopo chiesi di parlare personalmente con lui. Tutti mi davano il permesso di procedere. Ogni tanto mi sembra avere ancora presente avanti agli occhi alcune scene del mio vissuto, proprio come quando mi recai dal sindaco. Entrai in un grande salone; all’epoca era sindaco Raffaele Mascolo. Mi avvicinai timidamente al grande tavolo, dove risiedeva questa “grande autorità”, come la concepivo io con la mia mente di bambina, e gli chiesi possibilmente di firmarmi il documento. Egli, senza esitare, ma con gli occhi velati di lacrime, firmò. Io scesi dal Comune gloriosa e trionfante per aver sistemato tutto. Consegnai i documenti a una suora e me ne andai. Dopo un po’ di giorni mi chiamarono le suore e mi comunicarono che non potevo essere accolta da quell’ amministrazione, perché avevo già compiuto dieci anni. Così dovetti attendere il giorno in cui sarebbe venuto il presidente. Quando lo incontrai, con le mani giunte, chiesi a quel signore (ricordo ancora il nome, un certo signor Turtur di Foggia) di permettermi di poter far parte di quella comunità. Mi rispose che avrebbe fatto un’eccezione, ottenendomi la grazia di essere accolta. Il giorno dell’accoglienza, fui la prima, sola, a bussare alla porta delle suore: a mano a mano ne arrivavano altri, tutti erano accompagnati da qualcuno. Ero felicissima, anche se sola! Anzi: cercavo di consolare quelli che giungevano. Messo piede nell’Istituto mi sentivo già partecipe dello spirito della Congregazione.
Il mio obiettivo era quello di aiutare i poveri, di accogliere gli orfani e vivere con gli emarginati. Ma il Signore ha voluto ben altro da me e mi ha guidata ad incarnare lo spirito di Suora Riparatrice. Ho cercato di fare sempre del bene, ho amato con cuore grande e sincero, ho pianto con chi piangeva e ho gioito con chi gioiva. Scelsi definitivamente la via della vocazione a 12 anni: aiutavo la suora dell’asilo e mi sentivo già responsabile. A sedici anni partii per Roma, dove completai gli studi. A diciannove anni, con il rito della vestizione, indossai l’abito da suora, a 20 anni iniziai la mia missione e per un insieme di avvenimenti stetti tre anni a insegnare a S. Nicandro, dove ero cresciuta in età e amor di Dio. Successivamente fui trasferita a Caserta, dove insegnavo e facevo la superiora e la direttrice delle collegiali. Dopo, fui inviata a Rossano Calabro, dove vissi 12 anni. In quel periodo conobbi parecchi discendenti di Madre Isabella, la nostra amata Fondatrice. All’età di 63 anni mi fu affidata la responsabilità dell’Istituto, guidata e protetta dal Sacro Cuore, che ho sempre amato e adorato, e dalla Vergine Santa, la mia Mamma Celeste. Da responsabile fu necessario visitare le varie comunità dell’Istituto, anche quelle che sono all’estero: Venezuela, Filippine, Argentina, India. Nelle Filippine furono completati i lavori della casa di Multinational, in Argentina fu aperta la comunità di S. Miguel. In Venezuela, durante il mio mandato, fu aperta la comunità di accoglienza per esercizi spirituali. La struttura, di proprietà dei Padri Gesuiti, è gestita dalle nostre suore. È situata sulle Ande, luogo di raccoglimento e di pace spirituale.
Con grandi sacrifici, il sostegno morale e materiale delle suore e delle comunità, e soprattutto con l’aiuto di Dio, abbiamo realizzato e aperta la comunità per le suore anziane a S. Nicandro Garganico. Nel secondo sessennio del mio mandato di Superiora Generale iniziammo il cammino di verifica e la realizzazione del Progetto d’Istituto, con l’aiuto di don Gianfranco Poli.
Ho lavorato gioiosamente e ne ringrazio il Signore. Ora, sul più bello, sono stata colpita dal male del Parkinson, da artrosi e da alcuni scompensi cardiaci. Attraverso questi ultimi eventi di malattia il Signore mi ha fatto capire ulteriormente il senso della vita, come se mi avesse detto: “Hai fatto, hai detto, hai realizzato tanto, ora pensa a te, preparati per la via sicura, perché ti aspetto per abbracciarti e consolarti”. Ringrazio anche tutti coloro che hanno collaborato con me per la gloria di Dio e il bene dell’Istituto e dell’umanità.
Ma anche le sue consorelle hanno voluto lasciare un pensiero di amore e ringraziamento a Madre Adele che tanto ha fatto per la nostra Congregazione. Parole che rivelano o rinforzano quanto affermato precedentemente. Ecco la loro testimonianza:
Il 21-07-2006 eletta Madre Generale della Congregazione, Madre Adele ha continuato a mantenere legami con i suoi alunni ricevendo telefonate periodiche dagli stessi. Alcuni di loro, ormai giovani adulti, sono venuti a trovarla a Roma.
Durante il suo mandato ha iniziato un percorso del progetto d’Istituto sotto la guida di Don Gianfranco Poli. Ha organizzato gli incontri zonali per far partecipare le persone, le famiglie, seguendo lo stesso tema. Ha aperto la comunità di San Miguel in Buenos Aires, Argentina. In questa comunità le suore svolgono l’accoglienza dei gruppi laici e religiosi per gli esercizi spirituali. La casa è delle suore Salesiane.
Ha aperto la comunità di Mérida, Venezuela. La casa è dei Padri Gesuiti. Le suore accolgono i gruppi per gli esercizi spirituali e preghiere. La casa è situata nella Valle di San Javier vicino alle Ande. Uno spettacolo naturale che ti immerge nel contatto con Dio.
Nelle Isole Filippine ha aperto la comunità di Santa Lucia. In questo luogo la casa è della diocesi. Le suore dirigono una scuola e svolgono la missione tra i poveri.
È lei che ha dato tutto il supporto ad iniziare una casa per le ragazze povere a Vennicode, Kerala, India. Tante famiglie hanno trovato conforto, tramite questa casa, per le ragazze bisognose offrendo loro un ambiente di vita quotidiana fatta di amore gratuito e una formazione migliore.
Anche la proposta di aprire una missione nella diocesi di Jhansi, a Madawara, nel nord dell’India è stata accolta e realizzata sotto la sua guida e protezione. La casa è della diocesi, ma le suore si prodigano con il loro servizio nella scuola e in mezzo alla povera gente.
Concludiamo salutandoci con una frase di Madre Adele:
Che tutto si compia come a Dio piace. Amen!
- (in greco antico: ἀγάπη, agápē, in latino: caritas) significa amore disinteressato, fraterno, smisurato. Viene utilizzato nella teologia cristiana per indicare l’amore di Dio nei confronti dell’umanità. Il significato greco di agàpe si riferisce all’offerta che viene da Dio e che i cristiani devono condividere nell’amore fraterno.
- È l’«amore di Dio e del prossimo, una delle tre virtù teologali», la «disposizione caratteristica di chi tende a comprendere e aiutare ogni persona»
- P. Fernandez, Consejos evangélicos , in Diccionario Teológico de la Vida Consagrada, Pub. Claretianas, Madrid 1992, p. 400