Storia del Natale attraverso i capolavori del passato 1.
Come fonti delle scene cristologiche Giotto usò i Vangeli, il Protovangelo di Giacomo e la leggenda Aurea di Jacopo da Varazze.
Un paesaggio roccioso fa da sfondo alla scena della Natività, tutta incentrata in primo piano. Maria è infatti distesa su un declivio roccioso, coperto da una struttura lignea, ed ha appena partorito Gesù, mettendolo, già fasciato, nella mangiatoia; l’aiuta un’inserviente, davanti alla quale spuntano il bue e l’asinello. Giuseppe sta accovacciato in basso dormiente, come tipico dell’iconografia, a sottolineare il suo ruolo non attivo nella procreazione; la sua espressione è incantata e sognante. Il manto di Maria, un tempo azzurro lapislazzuli steso a secco, è andato oggi in larga parte perduto, scoprendo la stesura sottostante della veste rossa. A destra si svolge l’annuncio ai pastori, due, raffigurati di spalle vicini al proprio gregge, mentre dall’alto un angelo li istruisce sull’evento miracoloso. Altri quattro angeli volano sopra la capanna e rivolgono gesti di preghiera al fanciullo appena nato e a Dio nei cieli.
convento di San Marco, Firenze
La Natività è composta a semicerchio con il Bambino al centro e le figure disposte attorno a lui in atto di adorazione. Vi sono rappresentati, da sinistra, santa Caterina d’Alessandria, la Vergine, san Giuseppe e san Pietro Martire. Lo sfondo della capanna, col bue e l’asinello, crea un fondale piatto che evita qualunque distrazione che allontani la mente dai confini della scena. Lo scopo dell’opera era dopotutto quello di ispirare la meditazione dei frati, piuttosto che essere una mera decorazione della cella. Il bue e l’asinello sono elementi mutuati dal vangelo apocrifo dello Pseudo Matteo, a sua volta derivati da un errore interpretativo dei libri di Isaia e Abacuc, forse commesso per la prima volta da san Girolamo, anche se all’epoca dell’Angelico erano da molto tempo entrati a far parte dell’iconografia tradizione della scena.
La presenza dei due santi è da leggere in chiave mistica, in contraddizione con la semplice descrizione narrativa dell’evento. San Pietro Martire in particolare era un santo dell’Ordine Domenicano e la sua figura doveva fare da esempio e ispirazione per la preghiera dei monaci, attualizzando la scena nel quadro dei principi dell’Ordine.
In alto una serie di quattro angeli, di fattura non eccelsa, chiude la rappresentazione.
La scena è composta in maniera molto libera e originale. Sotto un rudere di stalla con tettoia, al centro, si trova la Vergine in adorazione del Bambino, il quale è adagiato su un lembo dell’ampio mantello azzurro della madre. Dietro di essi si trova un gruppo di cinque angeli cantori con liuti, vero perno della scena, che riprendono in alcuni casi le fisionomie tipiche degli angeli di Piero, presenti con gli stessi tratti somatici ad esempio nella Pala Montefeltro o nella Madonna di Senigallia. Le loro teste sono poste tutte alla stessa altezza (isocefalia).
A destra san Giuseppe sta seduto con naturalezza, le gambe accavallate su una sella (notevole è il disegno delle sue mani e della pianta del piede) e sembra discorrere con i due pastori dietro di lui, ritratti in posizione frontale, uno dei quali indica verso il cielo a sottolineare la natura prodigiosa della scena. Sotto la tettoia si vedono il bue e l’asinello, che raglia, quasi a voler rompere l’armonia della musica degli angeli. L’inclinazione del suo muso inoltre bilancia simmetricamente il braccio alzato del pastore.
Lo sfondo si perde in lontananza: a sinistra si trova un paesaggio rurale con un tortuoso fiume, con le acque che riflettono a specchio, come tipico di Piero, mentre a destra si vede uno scorcio urbano verosimilmente di Borgo San Sepolcro. Sulla tettoia sta una gazza, simbolo della follia umana che porterà alla Crocifissione di Cristo.
Ampie zone del dipinto sono incomplete, soprattutto il prato alla base e le figure dei pastori, che sembrano raschiate, ma le figure più importanti sono ben conservate, soprattutto l’armoniosa figura di Maria, di grande livello artistico.
Il soggetto della tela è la natività di Cristo, interpretata come un’adorazione del Bambino da parte di Maria con Giuseppe, dei pastori e dei Magi tra cori angelici. Al centro si trova la grotta della natività, forata sul dietro per lasciar intravedere il bosco e coperta da una tettoia di paglia retta da tronchi, con il Bambino al centro su un giaciglio coperto da un telo bianco, la giganteggiante Vergine a destra e l’adorante e meditante Giuseppe a sinistra; dietro si vedono il bue e l’asinello, simboli tradizionali di ebrei e pagani che assistettero all’evento senza prendervi parte. Partendo dall’alto vediamo 12 angeli danzare. Rappresentano la danza della vita, simbolo della rinascita spirituale. Su tetto troviamo tre angeli vestiti con tre colori diversi (bianco, rosso e verde) . Rappresentano le tre virtù teologali: fede, carità e speranza. Sul lato sinistro della pittura viene raffigurato un angelo che indica ai Re Magi la grotta dove è nato Gesù. Sul lato destro della tela, invece notiamo un altro angelo che accompagna due pastori a far visita a Gesù. I due angeli, quello di sinistra e di destra hanno in mano un ramoscello di ulivo, simbolo di pace. In basso, nella tela si notano angeli che abbracciano l’umanità in segno di amore e di rispetto reciproco. Per terra, nel dipinto sono raffigurati i demoni che alla vista di Gesù fuggono negli inferi.
L’opera si può dividere in due parti: a destra la grotta scura della natività, dove si trova la Sacra Famiglia raccolta e verso la quale si affacciano i due pastori; a sinistra si trova un ampio paesaggio, con qualche piccolo episodio di quotidianità. Qualche cherubino appare in alto, vicino al soffitto della grotta.
La luce diventa ora incidente, sulle vesti luccicanti, in special modo quella di Giuseppe, ora tenue e soffusa. Tipicamente giorgionesca è la predominanza del colore, che determina il volume delle figure, steso in strati sovrapposti senza il confine netto dato dal contorno, che tendono così a fondere soggetti e paesaggio: si tratta degli effetti atmosferici del tonalismo che ebbe proprio nel maestro di Castelfranco uno dei fondamentali interpreti.
Il Tintoretto in questo dipinto presenta un’iconografia diversa da quella tradizionale, poiché l’opera è collocata su due piani, l’uno soprapposto all’altro, e non in un blocco unico. Nella scena inferiore si trovano i pastori con i loro doni, una donna in controluce, il bue e la scala che porta al piano di sopra. In quella superiore, invece, troviamo la Sacra Famiglia e due donne che porgono un piatto per Gesù. Una delle due donne è rappresentata a seno scoperto, si suppone fossero le balie Zabel e Salomè, personaggi rappresentati nei vangeli.
Un elemento caratteristico di questo dipinto è la luce artificiale, la quale è presente nelle travi del tetto, che illumina i personaggi e tende a rilevare la magia della nascita di Gesù. Tutto è descritto realisticamente. La luce si pone anche attorno al capo della donna sulla destra che richiama l’aureola di Maria. 2
La tela, di cm 268 x 197, racconta la nascita di Cristo, traducendo un realismo autentico che rende l’episodio “vero”. I santi, le madonne del Caravaggio hanno le fattezze degli emarginati, dei poveri che egli bene aveva conosciuto durante il suo peregrinare e fuggire in lungo e in largo per l’Italia.
Nella “Natività” palermitana ogni personaggio è colto in un atteggiamento spontaneo: san Giuseppe ci volge le spalle ed è avvolto in uno strano manto verde. Sicuramente molto giovane rispetto all’iconografia tradizionale, dialoga con un pastore che si trova dietro la figura di san Francesco d’Assisi. La presenza di san Francesco è sicuramente un tributo all’Oratorio, che all’epoca era passato alla Venerabile Compagnia a lui devota costituitasi già nel 1564. La figura a sinistra è san Lorenzo.
La Madonna, qui con le sembianze di una donna comune, ha un aspetto estremamente malinconico, e forse già presagisce il destino del figlio, posto sopra un piccolo giaciglio di paglia: sarebbe la stessa modella che compare nella Giuditta e Oloferne. La testa del bue è chiaramente visibile, mentre l’asino si intravede appena. Proprio sopra il Bambino vi è infine un angelo planante, simbolo della gloria divina. Ciò che conferisce particolare drammaticità all’evento è il gioco di colori e luci che caratterizzano questa fase creativa del pittore. Ho notato che anche in questa tela Michelagnolo Merisi da Caravaggio si ritrae ancora giovane a sinistra e il suo giovane serviente che ritroviamo in molte altre tele, è l’agnolo volante. La mano sinistra del dipintor de quadri è molto dettagliata, si vede una mano non robusta, da pennello finissimo, come i dettagli che solo lui fece, ma che fu capace di martellare fine marmo in quantità, e dettagliarla con maestria di autentico mastro lapicida
Viene rappresentato il momento in cui i pastori raggiungono la capanna della natività: la Vergine è rappresentata mentre mostra il suo bambino ai pastori, alle sue spalle San Giuseppe e a sinistra della composizione due figure maschili e due figure femminili.
Recentemente si è ipotizzato come la figura femminile anziana possa essere identificata come la levatrice incredula del protovangelo di Giacomo, nell’atto di alzare al cielo le mani sanate. Un turbinio di quattro angeli sorregge un cartiglio con l’annuncio della nascita del Salvatore.
Note